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INTERVENTO DELL'ON. MINISTRO PIERO FASSINO IN OCCASIONE DELL'INCONTRO GIUBILARE DEL PONTEFICE S.S. GIOVANNI PAOLO II CON IL MONDO PENITENZIARIO

Roma, Casa circondariale maschile "Regina Coeli"
- Domenica, 9 luglio 200 -

Le siamo particolarmente grati, Santo Padre, per aver voluto celebrare in un istituto di pena italiano la Giornata del Giubileo nelle carceri.

Una scelta tanto più significativa perché con la Sua presenza vicino a chi vive quotidianamente la sofferenza e la pena della costrizione, Ella sollecita le donne e gli uomini del mondo intero a riflettere e interrogarsi sul carcere, sulla sua funzione nella società di oggi, sul delicato equilibrio tra espiazione della pena e tutela della personalità umana.

Le siamo tanto più grati perché del carcere in genere non si parla volentieri. Anzi, diciamo pure che tende ad essere "rimosso": sia da chi considerandolo tema sgradevole preferisce dedicarsi ad altro; sia da chi - e purtroppo non sono pochi - ritiene che il carcere, proprio in quanto luogo di pena, debba essere tanto più afflittivo, umiliante e, quindi, "dimenticato".

La civiltà di un paese, invece, si misura anche dal grado di civiltà e dignità del suo sistema carcerario.

Giustamente Ella ha voluto, nel Suo messaggio di qualche giorno fa, sottolineare che "chi si trova nella detenzione non deve vivere come se il tempo del carcere gli fosse irrimediabilmente sottratto". E ancora ha voluto richiamare alla necessità di non "ridurre la misura detentiva a mera ritorsione sociale, rendendola soltanto odiosa". E ha sollecitato con forza ad "adoperarsi per creare occasioni di riscatto per ogni situazione personale e sociale, anche se apparentemente pregiudicata".

Richiami forti alla responsabilità che ciascuno di noi ha e deve avere nei confronti dell'altro, tanto più quando esso è debole, emarginato ed esposto alla caduta.

Sono gli stessi valori e principi che si ritrovano nella Costituzione italiana, che esplicitamente affida al carcere una duplice finalità: assicurare l'effettiva espiazione della pena per chi con il suo comportamento ha leso i diritti della persona o della comunità; ma, al tempo stesso, offrire a chi ha errato l'opportunità di un percorso di reinserimento che consenta, espiata la pena, di riacquisire una vita normale.

Abbiamo ascoltato, Santità, l’alto messaggio morale rivolto ai Governanti di tutto il mondo per un atto di clemenza nell’anno del Giubileo.

Lo Stato italiano non ha, né vuole avere, spirito di vendetta verso chi ha errato. Allo Stato i cittadini chiedono di garantire giustizia: rispetto delle vittime la cui sofferenza non può essere mai dimenticata e, al tempo stesso, opportunità di riscatto e redenzione per chi ha sbagliato.

E ciò richiede che al mondo del carcere si dedichino risorse adeguate: a porre rimedio alla fatiscenza edilizia degli istituti di pena; a rafforzare la quantità e la qualità del personale dedito al carcere; a promuovere attività che consentano di fare della detenzione anche un tempo di lavoro, di formazione, di recupero; a offrire opportunità di cura a chi è afflitto dalla tossicodipendenza o dall’AIDS; a favorire forme di pena alternative capaci di offrire maggiori possibilità di reinserimento; a salvare un minore dal rischio di essere risucchiato nella spirale dell’illegalità.

In questa direzione si è mosso il Governo italiano con le misure assunte in queste settimane, puntando a dare una risposta al disagio di chi nel carcere vive senza contraddire le esigenze della legalità.

Provvedimenti che intervenendo sulle cause strutturali del disagio, possano, a questo punto, anche consentire al Parlamento, depositario della scelta, di valutare con spirito aperto e maggiore serenità l’alta sollecitazione verso atti di clemenza capaci di non contrapporre le ragioni dell’umanità della pena al bisogno di sicurezza e di giustizia dei cittadini.

Con questi sentimenti ancora una volta La ringrazio per la presenza qui tra di noi che ci sollecita ulteriormente ad onorare, al meglio delle nostre capacità, i compiti istituzionali che ci sono affidati.

Un ringraziamento che Le rivolgo anche a nome delle donne e degli uomini appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria e di tutti coloro che prestano la loro attività nel carcere che, con alto senso del dovere e spirito di dedizione, ogni giorno qui e in tanti altri istituti operano perché il rispetto della legge e la sicurezza dei cittadini non siano mai disgiunti dall’affermazione della dignità della persona.

E, infine, interprete dei sentimenti dei detenuti qui presenti e idealmente di quelli di tutta Italia, desidero ancora una volta ringraziarLa per questa straordinaria manifestazione di carità, solidarietà e fratellanza che consente a chi oggi è afflitto dalla pena della costrizione di non smarrire la speranza in una nuova vita.

 

 

 

 

 

CALABRIA

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